Santa Maria di Portonovo

foto tratta dal web Alle pendici del Conero, in quel tratto di mare dove la spiaggia, cessando di essere aspra e nuda, si ricopre di vegetazione e, man mano che si innalza, dà luogo al verde capo della selva, a breve distanza dalle acque, quasi a picco di esse, si eleva in luogo amenissimo una piccola Chiesa, monumento nazionale, dedicata alla Madonna.
Quel luogo è Portonovo. Alcuno crede che Portonovo fosse abitato fin dai tempi antichi, ma con certezza si può solo asserire che l’anno 1034 dell’ era nostra i Germani Gislero, Stefano, Grimaldo e Simone detto Trasone, Conti rurali del Poggio, che è un castello della Diocesi anconitana, fecero donazione di trenta misure di terra, chiamate in quel tempo modioli, pari a 180 Cg. di seminato (Posti), acciocchè, come scrive il Saraceni "in quel sito si edificasse un tempio alla Beata Vergine Maria". La donazione sarebbe stata fatta a un Paolo Abate e ad altri servi del Signore, i quali poco dopo, con la cooperazione finanziaria della famiglia Cortesi, Conti di Sirolo, avrebbero pensato alla costruzione del tempio e dell’ annesso Monastero, che fu officiato dai Benedettini e che presto, secondo gli annali monastici, divenne celebre, acquistando molti beni e ottenendo, specialmente per opera dei pontefici Alessandro III, Lucio III e Onorio III, larghissima giurisdizione anche su altri Monasteri.
La Chiesa quindi risale ai primi decenni del sec. XI, e per antichità in tutta la Diocesi gareggia solo con San Ciriaco, che la precede di pochi anni. Ma coll’ andare del tempo i Benedettini si stancarono di abitare quel luogo sia perchè, troppo segregato dal consorzio umano, era oggetto di incursioni, violenze, taglie e saccheggi, sia perchè per i terremoti in un certo tempo quasi quotidiani, e per gli spessi franamenti del Monte, Monastero e Frati erano esposti a continui pericoli, tanto che quello era rimasto completamente distrutto, e l’Abate e i Monaci una volta furono soffocati sotto le ruine: Abbas et Monaci fuerunt soffocati propter ruinam et lamam cadentem de Monte Conero.
Così fu che nel 1320, aderendo alla loro istanza, il Vescovo Nicola degli Ungari trasferì l' ufficiatura nella Chiesa di San Martino di Ancona, che da allora si chiamò Santa Maria di Portonovo.
Più tardi poi, nel 1436, quando i Monaci eran quasi del tutto cessati, Eugenio IV assegnò la Chiesa e il Monastero di Portonovo con i relativi beni al Capitolo di San Ciriaco d’Ancona. La vecchia Chiesa rimase affidata a un cappellano e ad un eremita laico. Con gran pompa e gran concorso dei circonvicini seguitò a celebrarvisi la festa dell’Assunta il 15 agosto.
Chiesa e Monastero sono noti per pie tradizioni. Si racconta che San Gaudenzio, Vescovo di Ossaro in Dalmazia sul Quarnaro, avesse sostenuto lotte terribili con il Signore di quella città, per non aver voluto consentire alle nozze incestuose di lui, con una nipote. Il Signore, irritato, aveva con i suoi schiavi invaso la Chiesa il giorno di Pasqua e, minacciando ii Vescovo armata mano, nonostante i moniti e le scomuniche, aveva celebrato il matrimonio, Ma il fatto scandaloso aveva destato tale orrore che quando furon gettate via le ossa avanzate dal banchetto, non le vollero rosicchiare nemmeno i cani. foto tratta dal web
Stanco di una lotta decennale San Gaudenzio ora andato a Roma e da Roma, inquinata anch' essa dalle fazioni, dalle lotte, dalla corruzione, e dalla presenza di Benedetto IX, il papa simoniaco eletto a 12 anni, era venuto in Ancona e da qui, rinunciando al Vescovato, si era ritirato (la data ondeggia tra il 1042 e il 1048) nel Monastero de novo conditum, dove visse per circa due anni, ritrovandovi morte e sepoltura.
Intorno a San Gaudenzio si formò subito tradizione di santità e di miracoli. Una donna di Numana, trasportata avanti alla sua tomba, sarebbe stata liberata da un’ossessione: una torma di tedeschi che volevano dare l’ assalto al Monastero, sarebbero stati messi in fuga dall’ apparizione del Santo e, miracolo più tangibile per i Benedettini, in vantaggio di essi ridotti in indigenza, il Santo, non sappiamo se vivo o morto, avrebbe convertito in vino l’ acqua del pozzo, di quello stesso pozzo quasi deserto, che si vede tuttora nel ciglio della rupe a breve distanza dalla Chiesa. (Ragnini).
Non è meraviglia che il suo cadavere fosse oggetto di venerazione e che gli Ossaresi, gelosi di averlo a se, facessero una incursione notturna a Portonovo, chi dice nel 1165, chi in altri anni, o lo rapissero e lo trasportassero in Dalmazia dove attualmente si venera. Ancor più notevole, se non per la molteplicità degli aneddoti, per la fama maggiore del personaggio, è il ricordo di San Pier Damiani che, quando trovavasi nel Piceno a far propaganda delle sue idee di riforma ecclesiastica, visitò Portonovo forse più di una volta, probabilmente ai tempi di San Gaudenzio, il quale lo
degnò - son parole testuali del Damiani - della dolcezza di sua famigliaritá.
Allude Dante alla visita di San Pier Damiani a Portonovo nei noti versi del Paradiso (XXI. 122).
E Pietro peccator fui nella Chiesa
Di nostra Donna in sul lido adriano

Noi crediamo che allo stato delle cose la questione, per usare il linguaggio legale, sia tutt’ altro che liquida a favore di Portonovo: ma per la cronaca noteremo che tale interpretazione fu sostenuta dal prof. Vincenzo Cotini in un opuscolo del 1865, fu oppugnata più tardi da D. Cesare Posti, e che altri articoli si scrissero sull' argomento. La Brigata, amici dell’ Arte di Ancona le dette il suo suffragio facendo murare nell’ interno della Chiesa il 15 agosto 1921 una lapide con i due versi del sommo poeta. Nonostante tali memorie, e nonostante il pregio architettonico della Chiesa, Portonovo fu lasciato per molto tempo in abbandono. Dopo l’ assegnazione fattane al Capitolo di Ancona, questo affidò la cura della Chiesa a un Cappellano, ma in realtà vi risiede quasi sempre un eremita laico.
tratto da
Guida Ricordo di Numana
di Cesare Romiti
1927

foto tratta dal web

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