La festa di Sant' Antonio

statua del santo conservata nella chiesa di Gallignano (AN) Il 17 gennaio, giorno di Sant' Antonio Abate, protettore degli animali, per tradizione, era una ricorrenza che veniva celebrata con riti civili e cerimonie religiose, soprattutto nelle campagne. Ormai fa parte dei ricordi perchè si festeggia in maniera molto riduttiva e in “versione” moderna soltanto agli Svarchi. Naturalmente i racconti che seguiranno si riferiscono alle cerimonie accadute negli anni '20/'30.
Le feste, in effetti erano due, una nel paese il 17 gennaio e la seconda a “La Panunzia” (località Svarchi). L'organizzazione della festa del paese era affidata a “La Confraternita” (congregazione religiosa laica), in collaborazione con il parroco. La confraternita era formata da quasi tutti ex contadini che avevano lasciato il lavoro nei campi e si erano trasferiti in paese.
Per fare fronte alle spese della festa un gruppo ristretto di persone scelte nella confraternita, chiamati “festarì”. Almeno 15 giorni prima della ricorrenza passavano nelle famiglie per chiedere un contributo in denaro, le famiglie che contribuivano ricevevano alcune “pagnottelle” di pane con sopra impressa l'immagine di S. Antonio, ed erano chiamate “il pane di S. Antonio”. il pane fatto quest'anno Questo pane oltre che essere mangiato dai componenti delle famiglie, veniva fatto assaggiare a tutti gli animali che le famiglie possedevano. Con questi contributi venivano finanziate tutte le attività che organizzavano “i festarì” e il parroco. Per la festa religiosa oltre le varie messe e la grande e affollata processione per le vie del paese con la statua del santo, venivano benedetti gli animali che i contadini che abitavano vicino al paese radunavano nel luogo e nell'orario stabilito per la benedizione, anche alcune persone del paese, possessori di gatti e cani, partecipavano alla cerimonia. Terminata la festa tutti i componenti della confraternita e qualche loro invitato si radunavano nella loro sede bevendo qualche bicchiere di vino con le ciambelle di anici.
Per la festa civile venivano organizzati vari giochi, soprattutto per fare partecipare i giovani. I vincitori delle varie gare erano premiati in denaro. Le varie competizioni erano:
L'albero della cuccagna; un palo dell'altezza di circa 10/12 metri veniva piantato al centro della piazza del paese e veniva spalmato di grasso. I giovani che a turno dovevano arrampicarsi sul palo per arrivare alla cima e vincere il premio indossavano una giacca con tasche ampie per contenere molta cenere che veniva sparsa sul palo per impedire lo scivolamento nel salire causato dal grasso.
Il tiro alla fune; due gruppi di giovani si disponevano ai due lati di una robusta corda, lunga circa 10 metri, e iniziavano a tirare in contrapposizione, un limite segnato sulla strada significava che il gruppo che lo oltrepassava aveva perso la gara.
Il gioco della padella; nel fondo di una padella, sporca di grasso e annerita dalla fuliggine veniva attaccata una moneta che doveva essere presa con la bocca, avendo le mani legate.
La corsa dei sacchi; il concorrente si infilava dentro un sacco fino alla cintura e gareggiava su un percorso stabilito, naturalmente saltellando, chi arrivava primo riceveva il premio.
Il 2 febbraio, giorno della Candelora, si festeggiava San Antonio Abate a La Panunzia, di fronte alla villa del Marchese Nembrini nella zona degli Svarchi.
Non sappiamo esattamente perchè questa località si chiamasse “ La Panunzia”, è possibile che derivi dal cognome dei precedenti proprietari, il Marchese Panunzi, o la famiglia di origine slava Panunziovich, quest'ultima tesi è sostenuta dagli attuali proprietari. L'organizzazione della festa era anche qui affidata ai “festarì”, la raccolta di fondi, l'offerta delle pagnottine, molti animali da benedire. La cerimonia religiosa veniva celebrata nella chiesetta privata della villa. Anche i giochi erano come a Numana, la variante era che non c'era l'albero della cuccagna, ma c'era la rottura della brocca.
La rottura della brocca consisteva nell'appendere una brocca di terracotta piena di acqua in alto al centro della strada sostenuta da una corda legata a due alberi ai lembi della strada. La persona che si offriva di partecipare a questo gioco veniva bendato e con un bastone doveva individuare dove era collocata la brocca e romperla. Il divertimento era garantito perchè quando la brocca veniva rotta tutta l'acqua e i cocci investivano la persona.
Questa festa era molto partecipata dai numanesi, soprattutto, per l'abbondanza di dolci (castagnole e scroccafusi) che venivano offerti dalle contadine a tutti. Anche il vino era in abbondanza ed era offerto dal marchese. Naturalmente tutto questo è solo un ricordo per le persone anziane, i giovani non sanno neanche che tutto questo sia realmente accaduto, e nel raccontare queste cerimonie si meravigliano che la gente e, soprattutto, i giovani si potessero divertire con tanta semplicità.

 
tratto
DAL PASSATO AL PRESENTE NUMANESE
ricordi della tradizione
di Pietro Marchetti Balducci

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