una bambola di porcellana riccamente vestita …
andiamo avanti con i ricordi …
Sotto l'acquaio concavo, di bigia graniglia, corredato molto più tardi di una cannella di ottone "a chiavetta" sempre gocciolante, venivano riposti un secchio ed il portaimmondizie, ben nascosti da una tendina scorrevole tirata con degli anelli su un'asticella di metallo. Il cibo veniva cotto su di un fornello a carbone (la "rola" piccola per la “garbunella") accanto al quale c'era la "rola" grande. I vapori erano convogliati verso l'imponente e lunga cappa in muratura, ingentilita lungo i bordi da civettuoli volant di stoffa. Il camino, sotto cui era appeso, con una catena, il "caldaru" annerito dal fumo, era completato dalla “fornacella" un cantuccio in cui veniva conservata la legna per l'uso quotidiano. Gli strumenti essenziali che troneggiavano in questo angolo erano la "sventola" di penne di gallina, il “tizzatore" e la paletta di ghisa per la "cenigia". Il mobile indispensabile per la vita domestica era la "conca" di abete grezzo, formata, nella parte alta,da una "spianatora" per impastare una volta a settimana il pane e, nella parte bassa, da uno spazio chiuso ad ante che fungeva da contenitore per lievitare la massa. Al centro della cucina immediatamente si imponeva alla vista un tavolo grande con le seggiole o i 'banchetti". Il "camburì" per le riserve invernali (farina, patate, ceci, fagioli, cipolle ...) era collocato invece nel sottoscala.
Trovavano posto nella stanza anche il telaio, la “nnaspa" e l'arcolaio. La cucina dunque, era il cuore della casa, il solo locale riscaldato durante la stagione fredda ed illuminato dall'unico lume a petrolio. Gli altri ambienti erano rischiarati dagli incerti bagliori della candela. Al piano terra, anche se raramente, si apriva la "saletta", un vano precluso alle incursioni dei monelli pasticcioni. Questa, spesso sottochiave, diventava accessibile soltanto in occasioni speciali, quali le feste di famiglia e le cene riservate ai "fidanzati". I mobili erano ricercati ma il pezzo più pregiato era ritenuto il buffet di noce, chiuso da sportelli interi nella parte inferiore e con un'alzata a vetri dove erano sistemati con dovizia, in bella mostra, gli intoccabili servizi "boni". Vezzo e motivo di orgoglio per la massaia era ostentare il "manto", un centro confezionato ad uncinetto o damascato con frange. steso sul ripiano del tavolo lucidato a specchio con cera d'api.
Per non togliere spazio ai locali era prevista una scala ripida, con una pedata di cm.24 ed un'altezza di cm. 21 contro le attuali misure di cm. 31,5 per 18, spesso in comune a due famiglie. Attraverso questa faticosa rampa si accedeva al piano superiore dove erano ubicate le camere da letto. L'arredamento molto essenziale era costituito da due comodini da notte il letto, fornito di pagliereccio, era impreziosito da medaglioni dipinti nella testiera di metallo cesellato. Sulla coperta nuziale di cotone, tessuta a mano e rifinita con intarsi di merletto, era abitudine accomodare, a mo' di ornamento, una bambola di porcellana riccamente vestita. Una cassapanca in noce custodiva il costoso corredo. Non era raro che sopra il ripiano di quest'ultima gelosamente si conservassero le provviste di mele da consumare in inverno. Il baule purtroppo finì in soffitta, sostituito più tardi dal canterano, un mobile con il piano in marmo ed un cristallo riflettente con ai lati degli scomparti. Su questo comò venivano collocate le campane di Vetro che proteggevano le "figurette" di Santi e tralci di fiori di seta.
Un treppiedi in ferro battuto, con un brocchetto ed un catino, fungeva da lavabo. Completava questa parure l'indispensabile coccio, riposto durante il giorno dentro le "colonette".
Trovavano posto nella stanza anche il telaio, la “nnaspa" e l'arcolaio. La cucina dunque, era il cuore della casa, il solo locale riscaldato durante la stagione fredda ed illuminato dall'unico lume a petrolio. Gli altri ambienti erano rischiarati dagli incerti bagliori della candela. Al piano terra, anche se raramente, si apriva la "saletta", un vano precluso alle incursioni dei monelli pasticcioni. Questa, spesso sottochiave, diventava accessibile soltanto in occasioni speciali, quali le feste di famiglia e le cene riservate ai "fidanzati". I mobili erano ricercati ma il pezzo più pregiato era ritenuto il buffet di noce, chiuso da sportelli interi nella parte inferiore e con un'alzata a vetri dove erano sistemati con dovizia, in bella mostra, gli intoccabili servizi "boni". Vezzo e motivo di orgoglio per la massaia era ostentare il "manto", un centro confezionato ad uncinetto o damascato con frange. steso sul ripiano del tavolo lucidato a specchio con cera d'api.
Per non togliere spazio ai locali era prevista una scala ripida, con una pedata di cm.24 ed un'altezza di cm. 21 contro le attuali misure di cm. 31,5 per 18, spesso in comune a due famiglie. Attraverso questa faticosa rampa si accedeva al piano superiore dove erano ubicate le camere da letto. L'arredamento molto essenziale era costituito da due comodini da notte il letto, fornito di pagliereccio, era impreziosito da medaglioni dipinti nella testiera di metallo cesellato. Sulla coperta nuziale di cotone, tessuta a mano e rifinita con intarsi di merletto, era abitudine accomodare, a mo' di ornamento, una bambola di porcellana riccamente vestita. Una cassapanca in noce custodiva il costoso corredo. Non era raro che sopra il ripiano di quest'ultima gelosamente si conservassero le provviste di mele da consumare in inverno. Il baule purtroppo finì in soffitta, sostituito più tardi dal canterano, un mobile con il piano in marmo ed un cristallo riflettente con ai lati degli scomparti. Su questo comò venivano collocate le campane di Vetro che proteggevano le "figurette" di Santi e tralci di fiori di seta.
Un treppiedi in ferro battuto, con un brocchetto ed un catino, fungeva da lavabo. Completava questa parure l'indispensabile coccio, riposto durante il giorno dentro le "colonette".
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