Cristo Re e altre solennità religiose
Nel ricordare le feste e la religiosità dei Numanesi, è doveroso parlare delle due più imponenti manifestazioni religiose, alle quali parteciparono la quasi totalità della cittadinanza e moltissimi forestieri: "La Peregrinatio Mariae", nel 1948, ed “Il Cinquantenario della festa del SS. Crocifisso" nel 1951.
Nel 1948 il parroco del tempo, Don Daelli, mi aveva consultato al fine di organizzare
la Peregrinatio Mariae. Trovai facilmente un gruppo compatto e volenteroso nella allora popolosa Numana, essendo l’emigrazione pressoché scomparsa grazie soprattutto all’espansione della ditta Frontalini che era riuscita ad assorbire tutta la forza lavoro, richiamando cosi non solo coloro i quali erano partiti per trovare occupazione all’estero, ma anche persone di altri paesi.
Organizzammo allora la festa della Diocesi in maniera veramente spettacolare: prelevata la Madonna a Valcastagno, passando per gli Svarchi, si portò la Sacra Icona a Marcelli. La popolazione rurale, mancando l’elettricità, aveva adornato le contrade con immagini religiose illuminate ad olio in gusci di lumaca. Da Marcelli la Santa Immagine fu poi trasferita via mare a Numana. Lungo la spiaggia, ogni dieci metri, bruciavano dei falò accesi in barattoli di nafta; i bagliori e il fumo che ne scaturivano producevano una visione suggestiva. L’Arcivescovo Mons. Bignamini rimase veramente soddisfatto al punto che, dovendo la Sacra Effigie arrivare ad Ancona, sfruttò la nostra idea della processione in mare, impiegando navi militari che da Portonovo seguirono il convoglio fino al porto di Ancona. L’ illuminazione della cittadina era stata allestita con diecimila lampade, che eravamo riusciti a procurarci nei vari negozi del capoluogo, applicate in strisce di tavola d’ abete, dal momento che a quei tempi non esistevano i festoni con le lampade colorate come si usa oggi.
Con lo stesso criterio avevamo costruito molte figure sfavillanti di luce: i misteri del Rosario, disegnati dal parroco Don Daelli, una grandiosa barca ed una cupola installata alla fine della scogliera oltre ad una grande colomba con la scritta PAX per esprimere il grande desiderio di pace dopo una guerra appena finita. Tutti i lavori vennero eseguiti nella falegnameria della fabbrica Frontalini, che aveva donato anche il legname, da tutti i componenti del comitato, diretti dall’ottimo cantierista Pasquale de Jurì.
Nel 1951, Numana superò se stessa nell’organizzare le celebrazioni per il cinquantenario del SS. Crocifisso a cui sono molto devoti sia i Numanesi che i Sirolesi. Si racconta che dopo un terremoto a Numana fossero rimaste indenni solo delle casupole di pescatori; a Sirolo, invece, dentro le mura erano numerose le abitazioni appartenenti al conte Cortesi, signorotto del luogo, non toccate dal sisma ed ancora confortevoli. I pellegrini che da Loreto venivano a pregare ai piedi della Sacra Immagine, dovevano, per forza di cose, non trovando alloggio nel nostro paese, pernottare a Sirolo. Da questa consuetudine nacque il detto "Chi va a Loreto e non va a Sirolo, vede la Madre e non vede il Figliolo".
Naturalmente i Sirolesi, forti di questo, da allora hanno sempre sostenuto che il SS. Crocifisso appartiene alla loro città e i Numanesi, per sberleffo, continuano a controbattere che i nostri vicini l’ hanno "venduto" per una "magnata de stuccafissu". La rapida risposta di questi ultimi, non per niente intimiditi, persiste nell’asserire che a Numana di buono c’è solo il Crocifisso! Ad onor del vero esiste un atto del Consiglio della comunità di Sirolo del 1789 che attesta quanto segue:
Nel 1948 il parroco del tempo, Don Daelli, mi aveva consultato al fine di organizzare
la Peregrinatio Mariae. Trovai facilmente un gruppo compatto e volenteroso nella allora popolosa Numana, essendo l’emigrazione pressoché scomparsa grazie soprattutto all’espansione della ditta Frontalini che era riuscita ad assorbire tutta la forza lavoro, richiamando cosi non solo coloro i quali erano partiti per trovare occupazione all’estero, ma anche persone di altri paesi.
Organizzammo allora la festa della Diocesi in maniera veramente spettacolare: prelevata la Madonna a Valcastagno, passando per gli Svarchi, si portò la Sacra Icona a Marcelli. La popolazione rurale, mancando l’elettricità, aveva adornato le contrade con immagini religiose illuminate ad olio in gusci di lumaca. Da Marcelli la Santa Immagine fu poi trasferita via mare a Numana. Lungo la spiaggia, ogni dieci metri, bruciavano dei falò accesi in barattoli di nafta; i bagliori e il fumo che ne scaturivano producevano una visione suggestiva. L’Arcivescovo Mons. Bignamini rimase veramente soddisfatto al punto che, dovendo la Sacra Effigie arrivare ad Ancona, sfruttò la nostra idea della processione in mare, impiegando navi militari che da Portonovo seguirono il convoglio fino al porto di Ancona. L’ illuminazione della cittadina era stata allestita con diecimila lampade, che eravamo riusciti a procurarci nei vari negozi del capoluogo, applicate in strisce di tavola d’ abete, dal momento che a quei tempi non esistevano i festoni con le lampade colorate come si usa oggi.
Con lo stesso criterio avevamo costruito molte figure sfavillanti di luce: i misteri del Rosario, disegnati dal parroco Don Daelli, una grandiosa barca ed una cupola installata alla fine della scogliera oltre ad una grande colomba con la scritta PAX per esprimere il grande desiderio di pace dopo una guerra appena finita. Tutti i lavori vennero eseguiti nella falegnameria della fabbrica Frontalini, che aveva donato anche il legname, da tutti i componenti del comitato, diretti dall’ottimo cantierista Pasquale de Jurì.
Nel 1951, Numana superò se stessa nell’organizzare le celebrazioni per il cinquantenario del SS. Crocifisso a cui sono molto devoti sia i Numanesi che i Sirolesi. Si racconta che dopo un terremoto a Numana fossero rimaste indenni solo delle casupole di pescatori; a Sirolo, invece, dentro le mura erano numerose le abitazioni appartenenti al conte Cortesi, signorotto del luogo, non toccate dal sisma ed ancora confortevoli. I pellegrini che da Loreto venivano a pregare ai piedi della Sacra Immagine, dovevano, per forza di cose, non trovando alloggio nel nostro paese, pernottare a Sirolo. Da questa consuetudine nacque il detto "Chi va a Loreto e non va a Sirolo, vede la Madre e non vede il Figliolo".
Naturalmente i Sirolesi, forti di questo, da allora hanno sempre sostenuto che il SS. Crocifisso appartiene alla loro città e i Numanesi, per sberleffo, continuano a controbattere che i nostri vicini l’ hanno "venduto" per una "magnata de stuccafissu". La rapida risposta di questi ultimi, non per niente intimiditi, persiste nell’asserire che a Numana di buono c’è solo il Crocifisso! Ad onor del vero esiste un atto del Consiglio della comunità di Sirolo del 1789 che attesta quanto segue:
"Il SS. Crocifisso miracoloso di Sirolo, benché la Chiesa in cui viene venerato rimanga situata in Umana, piccolo luogo però soggetto a questa giurisdizione ..... ”.
Tutti gli anziani Numanesi definivano "eccezionali" i festeggiamenti del 1901 che, probabilmente, avevano lasciato maggiore spazio alle celebrazioni religiose; i nostri progenitori infatti parlavano si della partecipazione della banda, delle luminarie, specie quelle ad olio, e dei fuochi artificiali, ma si esaltavano nel raccontare delle processioni e dei riti officiati in chiesa con la partecipazione totale della popolazione numanese e di quella della vicina Sirolo.
Fu appunto da quel famoso 1901 che ogni 3 maggio, festa di Santa Croce, affluivano a Numana in pellegrinaggio gli abitanti di tutti i paesi limitrofi; l’usanza si protrasse fino agli anni ‘60. I nostri vecchi raccontavano che, durante una processione, riconobbero tra la folla assiepata ai lati, nell’angolo dove adesso c’e il bar Morelli, il brigante Musolino che era di passaggio a Numana durante il suo trasferimento in Romagna dove in seguito venne catturato. Chissà se sarà stato vero?
Stimolati da questi racconti, timorosi di non riuscire a realizzare celebrazioni altrettanto “eccezionali", fin dai primi mesi del 1951, molti cittadini incominciarono a pensare ad organizzare la grande ricorrenza del Cinquantenario.
Fu appunto da quel famoso 1901 che ogni 3 maggio, festa di Santa Croce, affluivano a Numana in pellegrinaggio gli abitanti di tutti i paesi limitrofi; l’usanza si protrasse fino agli anni ‘60. I nostri vecchi raccontavano che, durante una processione, riconobbero tra la folla assiepata ai lati, nell’angolo dove adesso c’e il bar Morelli, il brigante Musolino che era di passaggio a Numana durante il suo trasferimento in Romagna dove in seguito venne catturato. Chissà se sarà stato vero?
Stimolati da questi racconti, timorosi di non riuscire a realizzare celebrazioni altrettanto “eccezionali", fin dai primi mesi del 1951, molti cittadini incominciarono a pensare ad organizzare la grande ricorrenza del Cinquantenario.
D’accordo con il parroco Don Attilio Ramini, elaborammo un programma che potesse emulare i festeggiamenti del 1901. Convocai lo stesso Comitato che aveva progettato la Peregrinatio (A. Valentini, F. Fangonesi, A. Biondini, S. Ceccarelli, C. Ceccarelli, O. Barbadori, D. Lipponi, G. Massaccesi e anche sei contadini dei quali non ricordo i nomi) e gli assegnai l’ organizzazione delle manifestazioni; diedi inoltre il compito della raccolta dei soldi, in paese, ad Alvaro coadiuvato da numerosi giovani, e ad altri affidai la questua nelle campagne.
Il programma era ambizioso; la cittadina fu illuminata totalmente. La domenica ante-
cedente la festa fu tenuto un concerto della banda musicale di Mondaino (Fo) che si esibì gratuitamente grazie alle numerose conoscenze che avevo non solo all’interno del gruppo stesso ma anche nell’ambito artistico. Dal giovedì alla domenica diedero spettacoli altre bande musicali, tra le migliori della regione.
Fra le altre forme di divertimento fu prevista una corsa ciclistica per professionisti con la collaborazione della Società Sportiva. La sera, dal lunedì al mercoledì, presso il cinema Italia si tennero delle conferenze su temi scientifici e religiosi, mentre il sabato sera si esibirono "cantanti e comici" numanesi che proposero degli sketch nei quali venivano prese di mira le figure più caratteristiche del paese. Per la prima volta fu introdotta la tombola seguita dallo spettacolo pirotecnico per il quale erano state incaricate addirittura due ditte. Il programma religioso comprendeva, nei giorni precedenti la festa, una processione dei bambini, la via Crucis per le strade del paese e, la domenica mattina, il pontificale, tenuto da mons. Bignamini, durante il quale il coro locale e la corale di Santa Cecilia di Ancona eseguirono la "Missa Pontificalis" a tre voci di Perosi. Ma indubbiamente il momento più toccante, che suscitò enorme commozione in tutti i presenti, fu rappresentato dalla processione fino al porto con il SS. Crocifisso.
A ben pensarci, potevamo anche arrecare dei danni alla Sacra Immagine che non era mai stata rimossa dalla sua collocazione, anche se erano state prese tutte le precauzioni necessarie facendo costruire dalla falegnameria Moscatelli una adeguata protezione.Alle ore 19 fu accesa la croce luminosa,la cui spesa fu sostenuta interamente dal sig. A. Petromilli. Negli anni successivi il programma subì delle variazioni: quello religioso fondamentalmente rimase lo stesso, senza pero la rimozione del Crocifisso; quello civile, pur mantenendo costante la corsa ciclistica, subì ogni anno delle continue modifiche, grazie anche all’apporto del sig. U. Bianchini che pensò a gare di tiro al piattello abbinate alla maratona, gimcane ed altro. La serata del sabato fu arricchita dalla presenza della locale Orchestrarmonica Frontalini che, nel frattempo, ero riuscito a riorganizzare e con la quale in seguito ottenni numerosi ed ambiti riconoscimenti. Ci si proponeva in tal modo di elevare la manifestazione della nostra fede ad una dignità pari a quella dei paesi vicini, emulando in modo particolare i festeggiamenti organizzati dalla città di Loreto. Indubbiamente i costi erano elevati anche allora: basti pensare che la cifra spesa fu di Lire 1.350.000 cifra considerevole a quei tempi così duri e si poté raggiungere una somma del genere grazie alla solidarietà ed all’entusiasmo della popolazione. Era da poco terminata la guerra, la gente cercava di dimenticare i dolori e la disperazione di quel periodo. Tutti si prodigavano perchè la ricorrenza era veramente sentita in ogni ceto; si creò una sorta di competizione tra i rioni cosi ché quelli che erano considerati i più poveri si dimostrarono tra i più generosi.
Perfino quei pochi emigranti, che ancora si trovavano all’estero, vollero contribuire per la festa del loro paese. Ricordo per esempio che i fratelli Baroncini ogni anno inviavano regolarmente la loro offerta. A questi spontanei contributi si aggiungeva l’introito della serata del sabato in cui si era riusciti ad incassare 300/350.000 lire.
Per la parte economica avevamo un’organizzazione modello: un segretario ed un cassiere assicuravano che ogni entrata ed uscita fossero registrate. In coincidenza con la fine della settimana, si rendeva pubblico il resoconto dei ricavi, delle spese e l’oblazione di ciascun rione.
Quando i guadagni erano maggiori delle somme erogate, il surplus veniva depositato in banca per essere utilizzato l’anno successivo.
Noi del comitato avevamo un impegno molto gravoso. Non solo contribuivamo con il nostro lavoro e con le offerte come ogni altro cittadino, ma, quando a conclusione dei
festeggiamenti si organizzava la cena di chiusura alla quale venivano invitati coloro che più attivamente avevano collaborato, assumevamo a nostro carico l’onere totale del banchetto.
Pagavamo così di tasca nostra il conto per tutti (lire 1.250 nel 1951), senza chiaramente intaccare i fondi della festa.
Erano ben lontani i tempi di “Tangentopoli", almeno tra noi!. Eravamo chiaramente sostenuti da tanto entusiasmo ed il successo della festa era il premio più grande che potessimo ricevere.
tratto da "mia cara Numana de 'na volta" di Liberato Drenaggi
Commenti
Posta un commento