Argentina .. una nuova vita e nuove opportunità
Nuna, ex lavandaia di Terni, abitava iniziaimente nell'angolo del Palazzo Fabiani; aveva la battuta pronta e mordace, portava sempre il fazzoletto in testa perchè non voleva far vedere i suoi capelli bianchi. Non disdegnava, ai pasti, un bicchiere di vino e ripeteva sempre: "Io bevu el vì l'acqua la dagu al granturcu!". Invece 'Ndrianu de Zambò, Gelsericu, Mastrillu, El Tozzu, Iaiu, Ricchetti' de Fiora, Lesiu e altri che, partiti ragazzi, avevano passato la gioventù sui velieri ed in Argentina, amavano rievocare in tono commosso gli episodi più avvincenti della loro esistenza. Nessuno sapeva leggere, però molti di loro ripetevano a memoria "La Gerusalemme Liberata" e la "Divina Commedia", imparate ascoltando la lettura eseguita dal nostromo nei lunghi periodi di bonaccia. Talvolta, per darsi un tono d'importanza, alcuni fingevano di scorrere il giornale tenendolo rovesciato. Tante volte si rivolgevano ai passanti con il detto popolare appreso dai loro progenitori "Vai alla Torre a pià el paulu?". Infatti nei tempi passati le persone più povere, ed erano tante, andavano alla Torre, sede della pieve, a ritirare il PAOLO, una moneta papalina da 10 soldi che, nella miseria più nera di quei tempi, permetteva quantomeno la sopravvivenza.
L'indigenza, legata ad un'economia povera, costrinse tuttavia molti numanesi ad espatriare in Argentina. Il fenomeno migratorio, iniziato poco dopo l'unità d'Italia, interessava gruppi consistenti di persone, tanto che nell'affondamento del "Sirio", nel 1906, scamparono undici compaesani, come risulta da un ex voto al Crocifisso. Subito dopo il congedo militare i giovani partivano per i paesi sudamericani, dove si sottoponevano a sacrifici enormi, svolgendo le occupazioni più pesanti e pericolose per racimolare un po' di denaro e ritornare a Numana, dopo tre o quattro anni. Con i risparmi mettevano su famiglia che poi mantenevano con quel poco che rimaneva, integrandolo con altre attività. Dopo pochi anni la storia si ripeteva o per costruire la casetta o per la dote delle figlie. Alcuni optarono per rimanere in Argentina, richiamando i propri familiari; altri, addirittura, si sposarono per procura. Per lo più, tutti quelli che presero questa decisione, spinti dalla fiduciosa previsione di un grande sviluppo economico di quel paese d'oltreoceano, erano dotati di capacità imprenditoriali che misero a frutto con successo. Già mio nonno. Libbratu de Giriu, alla fine del 1800, insieme a Balducci ed altri, fondò una cooperativa di ormeggiatori che fece presto fortuna, tanto che gli fu possibile, dopo una malattia, ritornare a Numana e vivere discretamente con i risparmi accumulati.
Vincenzo Calducci e sua moglie Adele Barbadori, detta poi l'Americana, aprirono una bottega di generi vari, l' "Armazen", che permise ai due proprietari, negli anni '30, di vivere nel loro paese una vecchiaia felice e tranquilla.
La gestione di stabilimenti balneari a Mar del Plata, recò fortuna ai fratelli Giaccaglia, ad Amedeo Drenaggi ed al suo socio Pierini.
Giuseppe Paoloni invece entrò a far parte di una cooperativa di trasporti e, dopo un inizio come autista, acquistò degli autobus adibiti prima ai tracciati urbani, poi alla linea del "Chaco" di Km 500 su terra battuta, con grande disagio dei viaggiatori. In seguito fondò una fabbrica di ricambi per auto, un settore in forte espansione.
Alcuni emigranti poi, essendo per lo più marinai, diventarono nostromi o comandanti di rimorchiatori, come Romolo Celli.
Ancora oggi il rione di Buenos Aires, la Boca, è abitato dai discendenti dei numanesi, alcuni dei quali sono tornati, per un breve soggiorno, al paese, nella speranza di ritrovare le loro radici. Quindi, in seguito a questo grande esodo, gli uomini adulti Numana rimasero in pochi: qualche artigiano e i pervicaci proprietari di barche e "burchielle".
sempre tratto da "mia cara Numana de 'na volta" di Liberato Drenaggi - continua … NB le foto sono puramente indicative e tratte dal web
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