A pesca … nechesse, nasse e burchielli

Proseguiamo il viaggio con Liberato alla scoperta della pesca numanese dove facciamo la conoscenza dei più importanti proprietari di barche nonché di tipi e tecniche di pesca allora in uso …

 foto tratta da Numanaonline.it dell'amico Paccheo

Proprietari delle "sciabeghe" erano: Guidu de Baiardellu, Gigiu de Jurì, Felippu de Maria de Zelinda, Pasquale e Dulindu del Buà e Peppe de la Sarafina. Un altro tipo di pesca era operata col "barchettu", un naviglio di dieci metri con due alberi per la vela. Le imbarcazioni di questo tipo, a Numana, erano numerose; solo nella spiaggiola, nel 1914, ce ne erano cinque/sei! In quantità superiore erano, invece al porticciolo. Durante l’inverno, quando il cattivo tempo non permetteva l’uscita in mare, per ripararle dai fortunali, venivano tirate in secco, a seconda dell’ubicazione dei rispettivi ormeggi, o al limite del boschetto o dove ora è situato il negozio di Maradonna. Normalmente imbarcavano tre o quattro uomini, partivano la sera con la brezza di terra e pescavano tutta la notte lungo la costa; al mattino i marinai rientravano stanchissimi perchè, oltre alla fatica delle loro mansioni, dovevano escogitare dei trucchi, chiudendo, per esempio, l’imboccatura del "capesfojia" con rovi e canne, per impedire ai delfini, a quei tempi numerosi, di "rubare" il frutto del loro lavoro e, se non c’era vento, erano costretti a ritornare a remi. La piccola pesca con i tramagli veniva praticata in primavera per le seppie ed in autunno per i "varoli, corbelli e cagnoli", allora molto abbondanti. Allo sbarco i pescatori, gelosi uno dell’altro, per non far vedere il loro prezioso bottino, lo nascondevano in sacchi che, più tardi, andavano a recuperare. Stratagemma inutile perchè usato da tutti. In aprile e maggio si utilizzavano le nasse, per le seppie ed i “guatti", intercalate con ami, per i rombi. Nel mese di novembre tutte le barche venivano tirate a riva e con fava lessa e vino si festeggiava, nelle case dei vari proprietari, "Sant’Andrè" patrono dei marinai. In inverno era messa a mare la "nechessa", imbarcazione di sei metri con quattro rematori, un “pruista" ed un addetto alle stanghe (assi di dodici metri con una sacca di rete), che prendeva il largo, anche con la neve, dopo le burrasche quando il mare incominciava a calmarsi. L’armatore stabiliva il tratto dove si doveva pescare e tutti i massi della costa, da Numana a Portonovo, avevano un nome che serviva da riferimento. Il "pruista" aveva il compito di vigilare ed avvisare quando il “picchiu", colpo d’onda violento e pericoloso per la stabilità della barca, era in arrivo. Al rientro il padrone portava a casa tutto il pescato ed al mattino successivo comunicava il quantitativo agli altri dell’equipaggio che, generalmente, non erano d’accordo perchè il calcolo non corrispondeva alle loro stime. Sembravano rassicurati solo dopo aver appreso che il pesce, durante la notte, aveva subito il "salasso" da parte delle "pentigane". Per il trasporto, via mare, di rena, pietra o cemento, veniva usato il "burchiellu", barca di dimensioni superiore al "barchettu" da pesca,di proprietà di Nazzarè de Giriu, Caranella e Rinaldo Giulietti. Certamente erano anni veramente poveri e di grandi privazioni; il guadagno ottenuto con il lavoro in mare era minimo e gli uomini erano costretti a ricorrere all’unica altemativa allora possibile: l’emigrazione. Comunque il mare ha sempre contribuito non solo al sostentamento della nostra gente ma anche all’incremento del risparmio. Infatti i pescatori, diventati operai della Frontalini, non tralasciarono mai la loro prima attività. Si alzavano alle quattro ed a remi andavano a "scialpà"’ le nasse che avevano precedentemente "calato"; rientravano alle sette in tempo per recarsi al lavoro. A maggio pescavano anche i "guatti" (ce n’erano tantissimi) con le togne fatte di sottilissime trecce di crine di coda di cavallo o con le cosiddette "vacche" dei bachi da seta che non avevano fatto il bozzolo. Il bruco, che si presentava più lungo e più scuro della norma, veniva sezionato e da esso si estraeva un budello molto resistente che, unito ad altri, avrebbe dato un solido filo della lunghezza desiderata. Sorse cosi anche un commercio fra contadini e pescatori: budelli per "guatti". Oggi la pesca svolge un ruolo marginale nella nostra economia; pochi sono i numanesi che la praticano, sempre in modo artigianale, come attività lavorativa; molti quelli che ne hanno fatto un hobby.
tratto da "mia cara Numana de 'na volta" di Liberato Drenaggi

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